Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

23/10/09

Per mettersi in mezzo (11)

25/7/09
Ieri sera gli americani hanno chiesto al fratello del sindaco, che è l'animatore delle azioni nonviolente del villaggio, che azione intendono fare oggi. Hanno detto che ogni sabato faranno una azione nonviolenta come quella di sabato scorso. Sembra di capire che l'azione sarà dalle case in costruzione. Ricominceranno la costruzione nonostante l'ordine di interruzione consegnato nei giorni scorsi il giorno in cui hanno arrestato Nasser e forse alla fine del summer camp andranno tutti insieme, bambini e adulti, sulla strada dove c'è la scorta dei soldati.
Stamattina ci svegliamo presto per andare sulla collina a controllare l'arrivo dei bambini, per sbaglio avevo sull'orologio l'ora italiana e così mi svegliano 10 minuti prima di partire. Faccio in fretta e non mi lavo, tanto non cambia molto. Lungo la strada chiacchierando ricordo la frase di Primo Levi dove racconta che nel campo di concentramento era fondamentale il lavarsi nonostante tutto per conservare la dignità umana. Salendo si intravedono i cubicoli di mattonacci di cemento che i palestinesi stanno costruendo e Ale è molto contenta che si siano messi a costruire. Mi viene da notare che se invece che in Palestina fossimo in Sicilia forse se la prenderebbe per quei contadini che fanno uno scempio ambientale costruendo casacce abusive. Così ci troviamo a disquisire sul contesto. Ogni cosa ha un significato per il contesto in cui è. Far saltare in aria senza nuocere a persone una struttura militare può essere nonviolenza ma fare un digiuno, come per allontanare un campo nomadi, può essere violento dipende dal contesto. Esprimo a Ale le mie perplessità sul fatto che si pensano di usare i bambini nell'azione perché sarebbero come scudi umani. Ale è scandalizzata e mi chiede di spiegare. Le dico che i bambini non dovrebbero essere carne da macello. Ale non accetta la mia critica, mi chiede come mi permetto di esprimere giudici così violenti dopo una settimana che sono qui. Cerco di spiegarle che il mio non è un giudizio ma una critica. Una mia valutazione sulla base delle mie conoscenze e dei miei valori culturali. Non è un giudizio sulle persone ma una considerazione derivante dalle mie riflessioni sulla base della mia esperienza. Ale non accetta la cosa e comincia a chiedermi sulla base di che conoscenze faccio formazione sull'intervento in aree di conflitto. Le spiego che finora ho sempre lasciato ad altri parlare degli interventi in aree di conflitto e che io parlo sulla base della mia esperienza nella gestione dei conflitti locali. Mi chiede perché sono venuto a fare questa esperienza. Le spiego che in parte è per capire meglio questa realtà, in parte per verificare sul campo pensieri e riflessioni che rimarrebbero solo teoria e in parte perché vorrei riuscire a ridurre il livello di conflitto nel mondo imparando anche modalità efficaci per fare questo. Le chiedo perché lei  è qui e mi dice che è perché ha incontrato il responsabile dell'organizzazione che per la prima volta le ha smosso nel profondo il senso della vita che poi ha vissuto venendo qui. Ma si capisce che mi disprezza per la mia precedente affermazione. E alla fine mi chiede “perché stimi le persone”. E' chiaro che mi sta dicendo che non mi stima e vorrebbe me lo dicessi da solo. A quel punto passano i ragazzi e dopo poco arriva il messaggio che i bambini sono arrivati. Ce ne torniamo verso il villaggio in silenzio. Il suo viso è duro, sprezzante.
Torniamo alla casa e mi faccio una doccia con mezza bottiglia d'acqua. Prima di rivestirmi prendo un mezzo limone e me lo spalmo su tutte le bolle che i pappataci mi hanno fatto le notti prima. Mi prudono in maniera insopportabile e stanno aumentando di dimensione e di fastidio anche dopo un giorno e una notte. Ho provato con le creme apposta ma l'unico sollievo me lo ha dato ieri sera il limone e così oggi faccio una cosa più sistematica. Si vede che il liquido dei pappataci è basico perché l'acido del limone riduce il fastidio e la voglia irrefrenabile di grattarsi.
Ci incamminiamo verso le case in costruzione. Fede, arrivata ieri pomeriggio, racconta che lo scorso anno quando i palestinesi hanno provato a camminare lungo la strada per Tuba ci sono stati pestaggi forsennati da parte dei militari e della polizia e mi dice che ha paura che quest'anno sarebbe peggio. Mi limito a dirle che non ho mai visto morire un uomo e non vorrei doverne vedere uccidere uno. Mi dice che a lei è già capitato ma che bisogna saper affrontare anche questo.
Mi dico di aspettare a vedere cosa succederà. Andiamo dalla scuola dove è l'appuntamento per l'azione. Siamo lì che aspettiamo e arriva un'auto della polizia. Ale gli va incontro e loro fanno riferimento all'incontro con noi il giorno prima e mi fanno anche un complimento dicendole che avevano incontrato due giovani. Chissà se tornato in Italia mi riabituerò alla mia età. Quasi sicuramente la polizia è venuta perché ieri, quando siamo stati fermati, alla domanda se al villaggio avremmo incontrato degli israeliani io ho detto che il sabato prima li avevamo incontrati ma loro hanno capito che li avremmo incontrati oggi, il sabato successivo. Avevano tanta voglia di scoop che ne sono rimasti convinti anche quando ho precisato che era il sabato prima.
Partita la polizia torniamo ad aspettare. Ci dicono di andare dalla casa in costruzione. Non vediamo nessuno ma poi scopriamo che sono dentro a fare il pavimento. Ci mettiamo all'ombra ad fare i “guardoni”. Un po' mi imbarazza rimanere a guardare per ore persone che lavorano pesantemente sotto un sole cocente. Lontano, sul bordo del bosco, c'è un humvee dell'esercito fermo. Sicuramente è lì per controllare cosa sta muovendosi nel villaggio. Ci mettiamo ad aspettare che succeda qualcosa ma tutto è fermo e i muratori vanno avanti a costruire. Una donna raccoglie un po di radici e sterpi. Si è portata dietro una tanichetta di acqua e un bollitore e in pochi minuti prepara un te alla salvia buonissimo. Ne bevo tre bicchieri. Dopo più di un ora l'humvee si muove e scende verso il paese. Ci prepariamo, accendiamo le telecamere e dettiamo luogo data e ora in modo che rimanga registrata all'inizio del video. L'humvee si avvicina … ma prosegue oltre senza considerarci. Ci chiedono di raggiungere la casa in costruzione subito sopra per essere sicuri che non sia andato da loro. Io e Fede la raggiungiamo accompagnati da due bambini. Ci fanno le feste. La casa è un cubicolo di cinque metri per cinque. La bimba che ci accompagna ha spiegato a Fede che adesso si sono trasferiti stabilmente a stare lì. Sono una famiglia di 4 femmine e 6 maschi, la prassi. Sulle stuoie c'è una bimba di 5 mesi coperta da un velo per non farla infastidire dalle mosche.
Fuori è parcheggiato un grosso pickup cabinato, il figlio maggiore ha un cellulare che può funzionare anche da walky talky con il padre ma nella casa non c'è assolutamente niente se non un po' di stuoie e materassini in terra. Le cose stonano, sembrano in contraddizione, ma solo nel mio mondo, non qui. Da quando ci sono gli internazionali molte persone che avevano abbandonato le loro case per le minacce dei coloni sono tornate, e qui ci mettono poco a ripopolare un villaggio a botte di dieci figli per famiglia.
Chiacchierando parlo dei miei figli e la signora, quando dico che ho “solo” due figli mi dice che avrei dovuto almeno avere due maschi e  due femmine. Non so il motivo di quella contabilità ma poco dopo mi chiedono un po' preoccupati se ho due figli per problemi fisici. Li ho rassicurati ma non sono riuscito a giustificare il fatto che ho “solo” due figli, almeno non usando i loro parametri. Dal loro punto di vista ne avrei dovuti fare almeno venti.
Ci offrono delle prugne acerbe e dei cetrioli come spuntino ma prima di pranzo ce ne andiamo. Nel pomeriggio dovremmo tornare a Gerusalemme ed è quasi ora. Quando stiamo tornando alla casa vediamo una jeep dell'esercito venire verso le case ma subito fuori dal villaggio si ferma bloccando il passaggio di una macchina che sopraggiungeva. Ci lanciamo a vedere cosa succede correndo per i campi ma poco dopo i militari fanno passare la macchina e si posteggiano di lato alla strada, scendono e aprono il cofano. Intanto che noi li raggiungiamo tirano fuori una tanica e la versano nel motore, forse acqua per il radiatore. Fede chiede a un militare come va ma quello grugnisce ok. Chiede se hanno problemi e loro dicono di no. Ci mettiamo vicino un po' all'ombra a controllare cosa fanno. La jeep è la 611351, quella che tutte le mattine accompagna i bambini. I bambini della scuola vorrebbero passare ma un adulto cerca di convincerli ad aspettare. Non c'è versi e i bimbi vanno, arrivati alla jeep si lanciano in un “shalom” da veri diplomatici e vanno via dritti. A quel punto anche l'adulto passa. Dopo un po' senza che fosse successo niente la jeep si allontana.
Della marcia con i bambini non se ne sa più niente, qualcuno dice che è rimandata a domani. Tanto tuonò che non piovve. Finalmente possiamo tornare a casa e chiamare il service che ci porterà al primo cambio per Gerusalemme.
Arrivato alla casa di Gerusalemme faccio una doccia bollente per cauterizzare le punture dei pappataci. Stanotte spero di dormire senza prurito.

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Per mettersi in mezzo (10)

24/7/09
Non ho mai visto così tante albe una dietro l'altra. Mi è capitato di vederne una ogni tanto ma raramente due di seguito. Qui ogni giorno vedo l'alba, alla faccia di “Ecce bombo”.
Oggi io e Miki torniamo nel posto dove sono arrivati i coloni mascherati. Andiamo di nuovo ad accompagnare i pastori.  Questa volta però passiamo per la “bypass road” che è più rapida ma potrebbe fermarci la polizia. Quando arriviamo in zona mi prendo una storta e comincio a zoppicare. Mi faccio un massaggio e la caviglia ricomincia a funzionare normalmente. Meglio così, non avrei voluto essere di impiccio. Cerchiamo il gregge ma nel solito posto non c'è. Io sento un belato nella direzione della volta scorsa ma andando lì non troviamo niente. Mi infastidisco perché Michele non sembra credere che abbia sentito il belato ma poi risulta che ha ragione lui e probabilmente io ho sentito l'eco di un belato in quella direzione.
Raggiungiamo il gregge e troviamo tre ragazzini a pascolarlo. Sanno parlare un pochino di inglese e così' riesco a scambiare qualche parola.
La prima cosa che mi chiedono, ovviamente, è il nome. Poi da dove vengo e mi rendo conto che quasi nessuno da queste parti, palestinesi o israeliani, ha mai sentito parlare di Genova. Eppure io conosco benissimo cittadine come Ramallah o Hebron ma purtroppo non le conosco per le loro bellezze turistiche.
Il passo successivo è di chiedermi come si chiama mio padre. Non penso di aver citato il nome di mio padre tanto volte negli ultimi venti anni, neppure in occasione della sua morte. E poi mia madre. L'ordine è sempre quello: io, padre, madre, fratelli, moglie, figli. Gli chiedo i loro nomi e poi la loro età. Quella a me non la chiedono quasi mai, forse per discrezione. Mi dicono che hanno tutti e tre 14 anni. E' dalle 7 di stamattina che stanno accompagnando .il gregge del loro padre e ne avranno per almeno 3 o 4 ore. Mi domando se dicessi ai miei figli di andare con il gregge nel sole torrido in una valle sassosa e spoglia per 3 ore a pascolare il mio gregge cosa mi direbbero. E forse giustamente. Ma questi ragazzini non sembrano arrabbiati, stanchi, annoiati. Anzi, sorridono spesso con un sorriso ampio e disteso. E' una cosa che fa effetto notare l'allegria di questi bambini rispetto all'apatia dei nostri. Quante volte sentiamo dire dai nostri figli “non so cosa fare” pur avendo dei magazzini di giochi accatastati nelle loro stanze mentre questi bambini che vengono nel nostro cortile per farsi dare le bottiglie di plastica dell'acqua per andarci a giocare per strada sorridono sempre allegri, sempre pronti a fare una corsa o a chiamare un altro bambino. Sicuramente qui i piccoli sono messi peggio, le prendono da tutti e con poca finezza, ma gli adolescenti sono attivi, intraprendenti, scaltri, proprio quello che serve alle società occidentali per riuscire a sopravvivere.
Noto che quando le pecore si attardano su uno dei cespugli e concentrate a destreggiarsi tra le spine perdono il contatto col gregge, quando se ne accorgono prima di tutto si riuniscono al gregge e solo dopo ricominciano a mangiare. Quanto è rassicurante il gruppo di appartenenza, anche se accompagna al mattatoio.
Anche gli animali qui le prendono da tutti. Faranno anche una vita brada e sana, ma prendono botte da tutti per qualsiasi motivo. Mi viene da pensare alla mitologia dell'allevamento ruspante che sento fare da ecologisti nostrani. Potessimo intervistare una pecora palestinese e una pecora nostrana chiedendogli chi è più soddisfatta tra quella nostrana messa all'ingrasso in una vita insulsa o quella palestinese sfiancata da una vita dura chissà cosa verrebbe fuori. O forse basta fare la stessa domanda ai relativi proprietari.
Tornando a casa ci ferma la polizia. Ci chiede da dove veniamo e poi i passaporti. Ci chiedono se stiamo andando al villaggio. Scopro poi che Miki ha già incontrato lo stesso poliziotto nero in un precedente controllo proprio nel villaggio. Ci facciamo identificare senza fare tante storia. Quando gli chiedo se ci sono problemi mi dicono che è un controllo di routine. Chissà se mi daranno più il permesso per tornare in Palestina?
Nel pomeriggio arrivano Ale e Fede. Tornerò domani con loro dopo una giornata che si preannuncia molto movimentata.

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17/04/09

Educazione all'odio in Palestina

Nel video in http://www.youtube.com/watch?v=aAuKMoEQkCI si può vedere dei ragazzi figli di coloni israeliani aggredire delle ragazze palestinesi che escono da casa.
 
Questo per dimostrare quanto sia fondamentale l'educazione di una popolazione non solo per il futuro ma anche per il presente. E in Italia l'attenzione è sempre minore verso l'educazione perché gli adulti non vogliono fare fatica e preferiscono lasciare i giovani senza educazione. In Palestina è ancora peggio e l'educazione viene usata come un arma e per questo il dolore è profondo e potrà finire solo per una catastrofe.
 
Per spiegare le cose tutto si può, anzi si deve citare, anche i palestinesi che si fanno saltare sugli autobus pieni di gente, donne e bambin. Diciamo che la differenza è che gli uomini bomba ci rimettono anche la loro vita e gli altri no. In ogni caso non penso si possa mettere sullo stesso piano chi schiaccia e chi cerca di non farsi schiacciare.
Sono entrambe frutto di una educazione all'odio vicendevole. Volendo si può anche aggiungere che tra palestinesi e israeliani i secondi sono i più democratici. Ma non è che decidere democraticamente di schiacciare un altro popolo lo renda meno odioso.
Posso aggiungere che anche i partigiani hanno ammazzato in via Rasella dei giovani cresciuti nella convinzione di dover dominare il mondo ma che avevano madri e affetti e forse erano lì contro la loro volontà. E io sono convinto che fosse possibile e auspicabile liberarsi senza torcere un capello a nessun nazista, ma non confonderei i ruoli.
 
Ci se ne può anche fregare del fatto che ci rimetta la sua vita uno che ammazza donne e bambini innocenti su un autobus perché e' un assassino.e che non si può mettere sullo stesso piano un soldato israeliano e un bambino israeliano perché la guerra si fa contro i soldati e non contro gli innocenti, ma penso che ancora peggio sia uno stato il cui esercito fa a donne e bambini lo stesso che fanno dei terroristi. A meno che non si voglia dire che tutti i bambini e le donne palestinesi sono colpevoli mentre quelli israeliani sono innocenti. Dal video si può vedere che non è vero. Almeno i terroristi non lo decidono democraticamente e potrebbero essere anche dei pazzi sanguinari mentre uno stato non può permettersi di essere pazzo e sanguinario.
Io penso anche che una guerra non si dovrebbe fare neppure contro i soldati perché anche i soldati spesso non sono che poveri cristi che si trovano un fucile in mano senza averne voglia.
Il fatto che uno ci rimetta la vita non dovrebbe servire a santificarlo ma dovrebbe far riflettere sul livello di disperazione che può avere raggiunto nella sua vita.
A me frega della vita anche degli assassini, che lo facciano per un ideale o per interesse personale. E non mi interessa solo per loro ma anche per la mia di vita. Se nego l'importanza della vita degli assassini sto cominciando a negare l'importanza della mia di vita.
Riguardo poi all'equiparare i nazisti con gli israeliani bisogna osservare che i nazisti non erano tutti pazzi sanguinari ma semplicemente un popolo educato all'odio contro il diverso, proprio come sta avvenendo in Israele adesso (o come succedeva in Sud Africa durante l'apartheid). E la prima educazione all'odio è il cercare le colpe dell'altro invece di cercare le sue ragioni.
 

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12/12/08

Piove o c'è il sole?

Nei giorni scorsi si sono tenute le prove dell'Olimpiadi dell'Informatica con l'incoraggiamento del Ministero per selezionare l'eccellenza tra gli studenti riguardo alle doti informatiche.

La prima prova recitava: "Si immagini che il tempo segua sempre questa semplice regola:
Se oggi piove, allora domani ci sarà il sole.
Sapendo che oggi piove, dire:
1. Come era il tempo ieri?
2. Che tempo farà domani?"
Secondo te quale è la risposta giusta?

La grande maggioranza degli studenti ha risposto che ieri c'era il sole e domani ci sarà il sole.

Però se è direttamente implicabile dalla premessa che domani ci sarà il sole, non altrettanto può avvenire per stabilire il tempo di ieri. L'unica cosa che si può desumere per certo è che ieri non pioveva perché altrimenti oggi ci sarebbe il sole. Solo se ci fosse una ulteriore regola aggiuntiva del tipo "Se non piove, allora c'è il sole" oppure "nel posto considerato o piove o c'è il sole ma non c'è nessun altro tipo di tempo" si potrebbe arrivare per il criterio del terzo escluso a concludere che c'è il sole, ma tale regola non viene fornita e quindi il fatto che non piova lascia possibili tutti gli altri tipi di condizioni meteorologiche come il cielo nuvoloso, la neve o quant'altro. Non basterebbe neppure una regola del tipo "Se oggi piove, allora domani ci sarà il sole, altrimenti ci sarà pioggia" per stabilire che ieri c'era il sole.
Visto da un punto di vista della logica booleana se chiamo P l'espressione "oggi piove" ed S l'espressione "domani c'è il sole" la regola che viene fornita dice semplicemente P=>S che è equivalente a ~PvS o, per De Morgan, ~(P^~S). Se applico l'espressione ad oggi ottengo che dato che oggi piove P è vera a quindi P=>S se S è vera e quindi domani c'è il sole. Se riferisco l'espressione a ieri, però, dato che oggi c'è il sole, rispetto a ieri l'espressione "domani c'è il sole" è falsa e quindi S è falso. Perché P=>S sia vera deve essere P falso, per cui rispetto a ieri è falsa l'espressione "oggi piove". Da questo posso desumere che ieri non pioveva. Ma se ~P è vera non posso assolutamente concludere niente riguardo ad S (che per altro è una espressione sul clima di oggi, visto che riguarda il domani riferito a ieri) e men che meno posso dire qualcosa riguardo al clima di ieri se non escludere che piovesse.
Per cui la risposta corretta dovrebbe essere "ieri non pioveva e domani c'è il sole".
La cosa assurda è che è stata fornita dagli organizzatori come corretta la risposta "SOLE - SOLE".
E non è un errore di stampa perché nella correzione viene anche data la seguente spiegazione "Se ieri avesse piovuto, oggi ci sarebbe il sole; dato che oggi piove, ieri c'era il sole e altrettanto sarà domani."Mi sembra che questo errore sia veramente grossolano. Quando ho letto la domanda ho perfino pensato che fosse una bella domanda perché permetteva di rilevare quanto gli studenti siano in grado di distinguere la differenza tra falso e non vero. In altri termini per verificare la loro capacità critica, la capacità di un ragionamento un po' più raffinato della semplice alternativa secca.
Negli anni scorsi ho rilevato che in un certo numero di domande c'erano delle forti ambiguità se non degli errori che in parte sono stati accettati (con relativo invio di nuove schede di correzione delle prove) mentre altri sono stati snobbati senza neppure dare una risposta.
Mentre però gli scorsi anni i problemi erano su prove complesse che potevano facilmente indurre in errore o che creavano margini di ambiguità molto forti, quest'anno il problema si è presentato in maniera eclatante.
Che considerazioni ho fatto da tutto ciò: prima di tutto che in Italia la selezione dei migliori viene fatta da persone che non ne hanno la competenza. In questo caso sono in buona parte professori universitari. Penso che non ci sia niente di scandaloso che nella preparazione di un test di questo genere ci possa essere una svista, quello che è grave è che non ci sia un controllo sufficiente da evitare la pubblicazione di tali errori. Ma se il nostro paese continua a lasciare delle persone non competenti a decidere cosa è meglio e cosa è peggio, primi tra tutti i politici, non c'è possibilità di redenzione.

La seconda considerazione è che a volte la logica binaria viene applicata veramente in maniera devastante nella nostra società per cui si arriva a concludere che se non piove allora c'è il sole, come se la realtà potesse sempre essere ridotta a due uniche alternative. Così ci troviamo sempre il mondo diviso in due opzioni delle quali la più assurda è quella tra destra e sinistra. Non voglio citare Gaber, ma fra un po' scopriremo che bisogna decidere se la pioggia è di destra e il sole di sinistra, "tertium non datur". Grazie e Dio il mondo è molto più variegato e multiforme e solo una visione del mondo ristretta o truffaldina può dividere le cose sempre e solo su due fronti.

La terza cosiderazione è che i giovani di oggi, ma forse anche buona parte delle persone adulte, hanno una capacità critica veramente scarsa, si accontentano della prima risposta che viene alla prima senza distinguere correttamente le diverse situazioni per cui se non piove è ovvio che allora c'è il sole e che in fondo è la stessa dire che non piove o che c'è il sole. Provate a dirlo a chi dorme all'addiaccio se basta che non piova per stare al caldo. E su questo si basa l'azione di molti dei potenti di adesso che hanno capito che facendo un po' di confusione è facile prendere in giro le persone. Non serve rubare alle persone, è molto meglio turlupinarle e farsi dare i soldi direttamente da loro. Non serve costringere le persone a farsi ammazzare, basta fargli credere che è bello morire. E' forse quest'ultima cosa è stata la chiave di volta che ha fatto scoprire che è con una popolazione senza capacità critica è molto più facile raggirarli che costringerli. Se nella prima guerra mondiale la retorica ha provato a convincere gli italiani che era bello andare a morire per la Patria ma poi bisognava decimare i contadini (scarpe grosse e cervello fino) per "convincerli" a lanciarsi nella battaglia, Mussolini ha saputo prendere per i fondelli gli italiani a dovere con la propaganda di regime arrivando a fiaccare la loro capacità critica e convincendoli che anche l'Italia aveva bisogno di un impero. E adesso i degni eredi mediatici di Mussolini stanno applicando la cosa a larga scala. Se si riesce a convincere con la propaganda una persona a farsi spappolare dalle bombe, figurati quanto è molto più facile convincerla a farti regalare le sue compagnie di bandiera, i suoi acquedotti, le sue reti elettriche e ferroviarie, farsi dare i loro soldi per ingrassare i propri amici etc etc.

Ultima considerazione. Negli episodi precedenti di questa saga italiana le persone si sono svegliate solo dopo aver sofferto morti e distruzioni ma poi si sono riassopite convinte di aver sconfitto la bestia. Questa volta cosa dovremo aspettare?

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16/05/08

Passare all'azione

Mi domando cosa ancora dovremo aspettare, noi persone che abbiamo a cuore i diritti e la giustizia, prima di passare all'azione.
E quando parlo di passare all'azione non mi riferisco all'azione politica o all'azione culturale, ma mi riferisco all'azione diretta, quella nonviolenta. Sempre che si abbia chiara la differenza tra le prime e la seconda.

I razzisti e gli sfruttatori, sentendosi anche le mani slegate dalla tornata politica nazi-fascista che sta avanzando non aspettano a passare all'azione diretta, bruciano campi nomadi, ammazzano ragazzi col codino, fanno ronde coi bastoni. Noi continuiamo a parlare di come fare, facciamo analisi, ci indignamo. Ma poi facciamo banchetti, petizioni, firmiamo appelli per chiedere ad altri di agire, ma non agiamo. Aspettiamo che siano le istituzioni a dare delle risposte, e queste, al contrario, con la loro impotenza o la loro connivenza, fanno sentire quelli sempre più con le mani slegate.

Sarà che De André cantava
"Lottavano così come si gioca
i cuccioli del maggio, era normale,
loro avevano il tempo anche per la galera
ad aspettarli fuori rimaneva
la stessa rabbia la stessa primavera..."
ma noi siamo senza più "cuccioli" che hanno il tempo anche per la galera. Li abbiamo lasciati fagocitare dalle curve ultras per cercare uno scontro che in famiglia non c'è più, li abbiamo lasciati educare dalla tv di Sgarbi e del Grande Fratello "che oggi sono stanco e non ho voglia di problemi", li abbiamo lasciati dormire nelle loro stanzette "meglio lì che per strada".
Oltre una certa età si riescono a organizzare conferenze e partiti ma per l'azione diretta serve energia, serve intraprendenza.

Così ci siamo fatti terra bruciata dietro, e continuiamo a parlare di come fare, facciamo analisi, ci indignamo. E poi facciamo banchetti, petizioni, firmiamo appelli per chiedere ad altri di agire, ma non agiamo.
Per un po' ho sperato che i giovani non venissero alle nostre riunioni perché avevano le loro, e mi sono messo a cercarli, ma non li ho trovati, se non rare perle. Non penso che si nascondano, lo spererei.
Li abbiamo abbandonati nella loro precarietà che li incattivisce e li rende cinici senza riuscire ad essere credibili.

Ma se non ci sono i giovani ad agire (o se ci sono, sono a rompere e spaccare) chi altri potrà agire?
Come i lillipuziani di piazza Manin che alzavano le mani sperando che la polizia li difendesse dal black block ci arrendiamo?

La vedo bigia!

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11/04/08

I giovani e gli adulti non credibili

L'altra sera abbiamo visto con altri genitori il film "Caterina va in città". In effetti il film mi ha stimolato non poco pur avendolo già visto pochi mesi fa.
Un po' perché in qualità di professore mi sono immedesimato in molte situazioni del protagonista (anche se spero di non avere un comportamento così odioso come il suo) mi sono sentito interrogato su che tipo di adulto sono io.
A volte mi pare di aver visto negli occhi di mia figlia la stessa espressione tra il preoccupato e l'interrogativo che ha Caterina. Quando ero adolescente i miei genitori erano degli "antagonisti" contro i quali mettermi alla prova. Delle roccie (forse molto di meno di quello che mi apparivano) difficilmente scardinabili. Non mi sono mai posto il dubbio che fossi io a dover dar loro aiuto, a dovermi fare carico delle loro difficoltà, anche perché non sentivo da parte loro l'intenzione di aiutarmi. Ne avevo abbastanza di pensare che io dovevo "difendermi" da loro e dalle loro decisioni per me.
Invece i giovani di adesso si trovano a non percepire più i genitori come antagonisti e quindi si trovano spiazzati a pensare che dovrebbero aiutarli, anche a superare le loro incapacità, pur non sentendosi in grado di farlo. E penso che questo crei in loro un senso di impotenza che va a sommarsi col senso di incertezza per il loro futuro.
In fondo i giovani non trovando più degli antagonisti negli adulti non riescono più a riconoscere in loro delle persone di riferimento. Non sono più il loro opposto, tramite il quale identificarsi, ma non sono neppure la loro guida. Li guardano con sufficienza, sentendoli ancora più incapaci di loro stessi. Non li trovano più credibili ... e si sentono persi.

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