Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

15/02/10

Babe e la TV

LA TELEVISIONE E LA NONVIOLENZA

Mi è capitata quasi casualmente di fare gratuitamente uno spot che acquistato sarebbe costato circa un milione di euro a favore della nonviolenza.
Stimolato dai miei figli che spesso guardano un quiz alla TV con il quale a volte mi diverto con loro a rispondere, mi sono candidato per partecipare al quiz.
Dopo un certo numero di selezioni, è arrivata la registrazione della puntata.
Al momento in cui sono stato eliminato (verso la fine) ho chiesto di fare i canonici saluti.
Ho salutato i miei bambini e poi ho ricordato "tutti i bambini che per la follia degli adulti rischiano di morire nella guerra che si sta preparando" e ho poi invitato "tutti coloro che non sono d'accordo perché venga fatta questa guerra ad appendere ai propri balconi delle bandiere con su scritto PACE" e intanto ho srotolato la bandiera arcobaleno con su scritto PACE che mi ero portato dietro e l'ho appesa davanti alla mia postazione intanto che il regista allargava il campo per riprendere me e la bandiera. In quel momento nello studio si è levata una ovazione con tutto il pubblico che applaudiva e urlava "bravo", i tecnici che venivano a stringermi la mano e le balerine che mi davano delle pacche sulla spalla. A quel punto mi sono allontanato salutando.

La trasmissione della puntata è andata in onda su RAI 1 subito prima del TG della sera dalle 18:45 alle 20 venerdì 17/1/03, il giorno prima della manifestazione internazionale per la pace e contro la guerra.

Il mio "saluto" non è stato tagliato, anzi è stato montato in maniera da farmi risultare ancora più accattivante, dando l'occasione al regista e ai tecnici di esprimere il loro dissenso alla guerra, e probabilmente ha invogliato molte persone a cercare una bandiera da appendere (l'audience della trasmissione che tutte le volte viene ripetuto è di 7 milioni di persone che in genere non sono molto politicizzate). Dopo quella data il numero di bandiere della pace appese ai balconi è letteralmente esploso.
Ho pensato che fosse una buona occasione per parlare far emergere il dissenso alla guerra e far conoscere l'iniziativa delle bandiere di pace che era stata lanciata da un gruppo di associazioni.

Spesso i media ci usano e noi non riusciamo ad usare loro. In questo caso io mi sono fatto usare per poterli in qualche modo usare. Concordo sul fatto che il modello comunicativo televisivo dovrebbe essere pesantemente contestato (senza escludere il fatto che quasi sempre quando il "movimento dei movimenti" prova a comunicare si adegua pedissequamente a tale modello). Ma d'altra parte bisognerebbe anche evitare di essere troppo ingenui. Per esempio quando a volte viene proposto il boicottaggio della TV cosa si pensa di fare? Chi dovrebbe fare questo boicottaggio? Gli impegnati e i coinvolti, quelli che leggono le nostre mailing list o i "nostri" giornali spesso lo fanno già o perché tra riunioni e incontri ben raramente hanno il tempo di guardare la TV o perché in quelle rare occasioni, se non si sceglie di leggere posta elettronica o libri, viene fatta una selezione dei programmi, per cui il boicottaggio significherebbe levare audience a quei programmi che sono più interessanti e che rappresentano quella parte di TV che è come dovrebbe essere tutto il resto. Tutti gli altri, il "popolo bruto", non vengono neppure a sapere del boicottaggio e poi, se anche venissero a saperlo, penserebbero subito che intanto nessuno se ne accorgerebbe, che in fondo hanno anche loro il diritto di rilassarsi un po' la sera o cose del genere.
A ciò si aggiunga che il boicottaggio dovrebbe essere rilevato con sistemi come l'auditel che si basa su un campione ben selezionato di persone non scelte casualmente (quanti ne conoscete delle migliaia di italiani con
l'auditel?) solo tra gli assidui teleutenti, per di più con uno strumento che può dare valori significativi tali da giustificare la selezione del teleutente solo se manovrato da qualcuno veramente convinto dell'importanza del suo ruolo di teleutente campione, che ovviamente ben difficilemente può essere impersonato da un contestatore del sistema. Potete immaginarvi quanto l'auditel sarebbe influenzato da un boicottaggio così concepito. Praticamente il boicottaggio lo farebbero solo quelli che già non vedono la TV e/o non vengono rilevati dall'auditel (anche perché in tal caso gli verrebbe levato il meccanismo) per cui non se ne  accorgerebbe" nessuno.
Quando si intraprende una iniziativa bisognerebbe non solo valutare ciò che noi vorremmo avvenisse (magari immaginando che il resto del mondo sia come noi) ma soprattutto valutare ciò che si ottiene considerando che spesso il mondo è ben diverso da noi.
La parabola evangelica che invita ad essere "come agnelli in mezzo ai lupi" non chiede di diventare lupi feroci, ma neppure di agire come se si fosse nel bel mezzo di un gregge di pecore. Spesso invece si agisce affermando che tutti gli altri sono lupi aspettandosi poi da loro delle azioni da pecore. Bisognerebbe invece saper distinguere i lupi dalle pecore ma anche le pecore dai cani da pastore che in fondo tanto cattivi non sono ma che seguono ordinatamente ciò che il padrone gli dice ma ancora meglio ciò che si aspettando di sentire dal padrone che hanno dentro di loro. E parlare ad ognuno a seconda delle loro possibilità di comprensione e del loro linguaggio.
E tanto per citare una opera realizzata da chi ha potere ma che, se utilizzata correttamente, può essere molto utile anche per chi potere non ne ha, trovo molto interessante vedere nel film "Babe il maialino" cosa fa l'eroe suino (pur considerando che anche lui alla fine esegue quello che gli dice il "padrone" non molto diversamente da quello che in fondo facciamo tutti noi).
Per riuscire a parlare con pecore e cani adatta il suo linguaggio ma alla fine riesce ad ottenere quello che cerca.

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23/10/09

Per mettersi in mezzo (13)

27/7/09
Durante la cena di ieri ci siamo trovati a ragionare sull'azione del giorno dopo. Ci vogliono tre telefonate a Fede per capire quale è l'azione prevista. Ogni volta nella spiegazione viene lasciato qualcosa di sottinteso che ognuno capisce a modo suo. A volte basta poco pur senza essere pedante e, per esempio, invece di dire “percorso breve” basta dire “percorso della casa rosa” o “percorso dove passano i soldati” per distinguere due percorsi che spesso vengono entrambe definiti brevi. A volte un dettaglio che sembra superfluo conferma quello che si pensava di aver capito e permette di essere più rilassati nell'ascoltare il seguito. Se vedo un'auto di coloni e voglio avvertire altri del suo arrivo posso dire “arriva un auto di coloni”, ma se dico “arriva un pickup rosso con a bordo dei coloni” permetto con poche parole in più agli altri di essere sicuri che l'auto bianca che sta arrivando non è ancora l'auto segnalata. Nel comunicare è proprio quando più bisogna essere rapidi che tanto più bisogna aggiungere dei dettagli. Sembra una contraddizione ma una comunicazione efficace non è necessariamente la più breve, aggiungere qualche dettaglio evita di dover ripetere e correggere i messaggio poco definiti.
Dopo le telefonate di chiarimento si capisce che l'intenzione è di andare con tutti i bambini del summer camp e gli adulti del villaggio fino a Tuba ma passando per un percorso che passa attorno al boschetto dove è l'avamposto illegale, abbastanza vicino alla colonia ma non come la strada tra la colonia e l'avamposto illegale in cui i militari accompagnano i bambini. Rimasti un certo tempo a Tuba gli adulti e i bambini del villaggio torneranno indietro ma non è ancora chiaro lungo quale percorso, forse proprio quello che taglia la colonia dall'avamposto.
Devo aspettare Ilaria che torna da un matrimonio a Betlemme. Passo la mattina a scrivere e a chattare quando la connessione funziona. La connessione “rubata” è problematica già da ieri sera ma a metà mattina ricomincia a funzionare un po' meglio.
Chiamiamo Ale e Fede per sapere come va al villaggio. Ci dicono che la prima parte della marcia è andata benissimo e che grandi e bambini sono arrivati a Tuba tutti insieme passando per il percorso previsto. Ci dicono che a Tuba sono anche arrivati alcuni militari ma che sono cordiali e danno consigli sul ritorno per evitare di passare vicino al poligono di tiro della colonia.
Mi scrivono dal lavoro per dirmi che il prossimo anno mi stravolgono l'assegnazione alle classi. Li chiamo e scopro che la segreteria ha sbadatamente invertito l'ordine della graduatoria interna. Grazie ad internet chiarisco la questione da duemila chilometri di distanza.
Chatto con mia moglie, discutiamo di alcune cose. Ele mi dice che sembra che tutti quelli che vengono qui si trovano a dover ridefinire i propri rapporti affettivi. Lei l'ha risolta brillantemente sposandosi Fabio e venendo qui con lui.
Finalmente arriva Ilaria ma decidiamo di partire dopo pranzo. Siamo in quattro, Ele, Fabio io e Ilaria. Chiamiamo per aggiornamenti e ci dicono che è andato tutto bene, che al ritorno sono passati quasi per lo stesso percorso dell'andata, che due macchina di coloni li hanno seguiti inveendo e loro si sono messi in mezzo tra le macchine e il corteo ma dopo poco i coloni se ne sono tornati indietro e tutto è andato senza problemi,“fish muskila”. Tra noi a tavola parliamo di nuovo della questione dei bamibini, dei vestiti e dell'incontro tra le culture. Arriviamo a parlare anche di differenze tra settentrionali e meridionali. Questa volta c'è più disponibilità ad ascoltarsi, non come la sera prima che Ale ha preferito lasciare il tavolo per fumarsi una sigaretta così da non dover sentire le mie critiche al coinvolgimento dei bambini nell'azione.
Ritirato i panni lavati dallo stenditoio e sistemato lo zaino, finalmente partiamo. Io non so l'arabo e Ilaria pochissimo ma ci lanciamo nell'impresa. Lei è stata qui lo scorso anno a fare quello che faccio io e quest'anno è venuta per seguire il summer camp, questo centro estivo di due settimane per i bambini e i ragazzi dei villaggi intorno.
Parto con i pantaloni corti ma prima dell'ultimo cambio di service mi attacco le “extension” che li trasformano in pantaloni lunghi. Ilaria allo stesso tempo si mette un fazzoletto in testa. Ci adeguiamo.
Dopo l'ultimo passaggio c'è da fare un tratto di una ventina di minuti a piedi. Lungo la strada si passa di fianco ad una discarica in cui vengono anche abbandonate carcasse di animali morti. Questa  è una cosa che mi stupisce. Non è così raro vedere ai bordi delle strade delle carcasse di pecore, asini, capre e altre bestie abbandonate, in parte spolpate e in parte rinsecchite. Ovviamente l'odore nei dintorni non è il più gradevole. Camminando verso il villaggio vediamo anche un agnellino morto da poco tempo che sembra che stia dormendo. Mi domando come mai facciano così. Se le bestie sono morte per un incidente mi aspetterei che ne macellassero la carne, anche se probabilmente ci sarebbero solo i cristiani che potrebbero mangiarla. Ma se le bestie sono morte per una malattia mi sembra strano che non ne brucino la carcassa o che non la sotterrino, a rischio che la malattia si diffonda. In ogni caso, tra scheletri, budella gonfie e tanfo di morto sono uno spettacolo ributtante che mette angoscia. O magari mette angoscia solo a me che forse ho un diverso rapporto con la morte rispetto a chi vive qui.
Arrivati al villaggio decido di sistemare le mie cose nelle stanze messe a disposizione per i volontari del summer camp. Forse mi ci sentirò un po' di più a casa.

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