Che fare?
Sempre più spesso ci sono persone che si domandano che fare per uscire dal vortice che sta facendo sprofondare la convivenza civile e sociale.
Votare non ha più senso perché il consenso viene manipolato e stravolto per mantenere il potere da chi lo detiene, l'azione volontaria viene sfruttata per i fini più diversi, spesso di lucro, l'azione virtuale rimane inefficace.
Il fatto è che penso che le popolazioni necessitino di livelli di attivazione molto significativi. Questi possono essere raggiunti per il dolore sofferto (come nel caso delle guerre) o per una pratica del conflitto che deriva da una capacità critica. Non auspicando la prima ipotesi che normalmente richiede un costo veramente alto, l'altra alternativa di trasformazione e miglioramento risulta la migliore. Ma se a questa si oppone la sterilizzazione della capacità critica l'unica possibilità che rimane è drammaticamente la prima.
Proprio per questo, se si vuole evitare la sofferenza dell'esplosione violenta dei conflitti, bisogna abituarsi a praticare una capacità critica e ad affrontare i conseguenti conflitti, imparando possibilmente a gestirli e traformarli in maniera nonviolenta, che non vuole dire semplicemente simbolica.
La sfida è tra accettare che certi pazzi che pensano di poter sfruttare sempre di più gli altri continuino ad anestetizzare la capacità critica altrui e nostra impedendoci di ribellarci fino a quando la sofferenza estrema farà esplodere violentemente il conflitto sociale e metterà a repentaglio la vita di tutti oppure cominciare ad agire per recuperare la capacità critica delle generazioni, riaddestrandoli anche al conflitto interpersonale e sociale. Per fare questo però bisogna risvegliare noi stessi dal torpore delle coscienze in cui siamo immersi ed aiutare gli altri a fare altrettanto sia sensibilizzandoli ma soprattutto mettendo in ballo la vita stessa nostra e degli avversari, non tanto insidiando la loro incolumità quanto coinvolgendoli anche emotivamente e fisicamente nella presa di coscienza delle conseguenze dei loro atti. Questo può avvenire tramite la cosiddetta "azione diretta", una pratica politica che viene messa in opera con strumenti anche molto diversi tra loro (da quelli violenti a quelli nonviolenti) e di cui però si sta perdendo la conoscenza.
L'alternativa è lo scivolare verso un imbarbarimento dei disequilibri che si fermerà solo quando la sofferenza delle popolazioni le spingerà a ribellarsi, cosa che di solito è avvenuto in maniera violenta e cruenta.
Non basta più mandare email o firmare petizioni e perfino fare scioperi di opinione o partecipare a cortei. Sono metafore conflittuali che hanno senso solo nella misura in cui le parti in gioco hanno coscienza dell'importanza di limitare sul piano simbolico lo scontro per fare in modo che il conflitto non abbia conseguenza nefaste per entrambe i contendenti. Ma in una società in cui l'ignoranza politica delle parti in gioco fa perdere la coscienza dell'importanza dei conflitti simbolici diventa del tutto superfluo rimanere su tale livello quando manifestazioni di centinaia di migliaia di persone vengono ignorate perché banalmente non creano nessun problema, neppure alla semplice possibilità di spostamento dell'avversario o gli scioperi non intaccano di un pelo il suo portafoglio.
"Azione diretta" non è solo il terrorismo o lo violenza dei black block, ma può essere il blocco dei treni che portano armi o anche solo il blocco delle sfilate di auto blu ad inaugurazioni o cerimonie.
Se i potenti pensano di poter ignorare gli altri uomini saranno gli altri uomini che dovranno farsi prendere in considerazione e se non si riuscirà a fare ciò con strumenti efficaci ma incruenti basterà aspettare per vedere scorrere il sangue. Cossiga, il più squallido rappresentante del potere, docet.
Votare non ha più senso perché il consenso viene manipolato e stravolto per mantenere il potere da chi lo detiene, l'azione volontaria viene sfruttata per i fini più diversi, spesso di lucro, l'azione virtuale rimane inefficace.
Il fatto è che penso che le popolazioni necessitino di livelli di attivazione molto significativi. Questi possono essere raggiunti per il dolore sofferto (come nel caso delle guerre) o per una pratica del conflitto che deriva da una capacità critica. Non auspicando la prima ipotesi che normalmente richiede un costo veramente alto, l'altra alternativa di trasformazione e miglioramento risulta la migliore. Ma se a questa si oppone la sterilizzazione della capacità critica l'unica possibilità che rimane è drammaticamente la prima.
Proprio per questo, se si vuole evitare la sofferenza dell'esplosione violenta dei conflitti, bisogna abituarsi a praticare una capacità critica e ad affrontare i conseguenti conflitti, imparando possibilmente a gestirli e traformarli in maniera nonviolenta, che non vuole dire semplicemente simbolica.
La sfida è tra accettare che certi pazzi che pensano di poter sfruttare sempre di più gli altri continuino ad anestetizzare la capacità critica altrui e nostra impedendoci di ribellarci fino a quando la sofferenza estrema farà esplodere violentemente il conflitto sociale e metterà a repentaglio la vita di tutti oppure cominciare ad agire per recuperare la capacità critica delle generazioni, riaddestrandoli anche al conflitto interpersonale e sociale. Per fare questo però bisogna risvegliare noi stessi dal torpore delle coscienze in cui siamo immersi ed aiutare gli altri a fare altrettanto sia sensibilizzandoli ma soprattutto mettendo in ballo la vita stessa nostra e degli avversari, non tanto insidiando la loro incolumità quanto coinvolgendoli anche emotivamente e fisicamente nella presa di coscienza delle conseguenze dei loro atti. Questo può avvenire tramite la cosiddetta "azione diretta", una pratica politica che viene messa in opera con strumenti anche molto diversi tra loro (da quelli violenti a quelli nonviolenti) e di cui però si sta perdendo la conoscenza.
L'alternativa è lo scivolare verso un imbarbarimento dei disequilibri che si fermerà solo quando la sofferenza delle popolazioni le spingerà a ribellarsi, cosa che di solito è avvenuto in maniera violenta e cruenta.
Non basta più mandare email o firmare petizioni e perfino fare scioperi di opinione o partecipare a cortei. Sono metafore conflittuali che hanno senso solo nella misura in cui le parti in gioco hanno coscienza dell'importanza di limitare sul piano simbolico lo scontro per fare in modo che il conflitto non abbia conseguenza nefaste per entrambe i contendenti. Ma in una società in cui l'ignoranza politica delle parti in gioco fa perdere la coscienza dell'importanza dei conflitti simbolici diventa del tutto superfluo rimanere su tale livello quando manifestazioni di centinaia di migliaia di persone vengono ignorate perché banalmente non creano nessun problema, neppure alla semplice possibilità di spostamento dell'avversario o gli scioperi non intaccano di un pelo il suo portafoglio.
"Azione diretta" non è solo il terrorismo o lo violenza dei black block, ma può essere il blocco dei treni che portano armi o anche solo il blocco delle sfilate di auto blu ad inaugurazioni o cerimonie.
Se i potenti pensano di poter ignorare gli altri uomini saranno gli altri uomini che dovranno farsi prendere in considerazione e se non si riuscirà a fare ciò con strumenti efficaci ma incruenti basterà aspettare per vedere scorrere il sangue. Cossiga, il più squallido rappresentante del potere, docet.
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